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Il vostro ultimo film insieme, con il regista Luca Lucini [L’amore, in teoria – dal 24 aprile nei cinema] è tratto da un soggetto di Gennaro Nunziante, che ha diretto Checco Zalone nei suoi film di maggior successo; possiamo definire L’amore, in teoria una commedia romantica e generazionale, con il protagonista Nicolas Maupas a raccogliere l’eredità dei personaggi di Riccardo Scamarcio e Luca Argentero che avevate portato sullo schermo in passato in film come L’uomo perfetto e Solo un padre?
Sì certo, si tratta di una commedia romantica generazionale ma allo stesso tempo vuole anche approfondire le difficoltà e le paure delle nuove generazioni di fronte alla tematica dell’amore analizzandone tutte le varie sfaccettature. Nicolas Maupas è già un collaudato attore molto preparato e mi auguro che questo lavoro sia di buon auspicio per una lunga e proficua carriera come è stato nei casi sopra citati.
Cosa può dirci in merito al sodalizio con il regista Luca Lucini? Come si delinea la vostra collaborazione?
Lavoro con Luca da metà degli anni novanta quando giravamo insieme spot. Poi la collaborazione è continuata ed ho fotografato tutti i suoi primi film e le sue serie. Abbiamo sviluppato una lunga esperienza professionale che ci permette di poter utilizzare un linguaggio con dei riferimenti condivisi molto precisi.
Qual è il rapporto di Lucini con la “luce”, con la cinematografia?
Solitamente decidiamo, insieme anche alla scenografia ed ai costumi, le atmosfere che riteniamo più funzionali al racconto in fase di pre-produzione, in modo da allinearci tutti il più possibile, utilizzando vari riferimenti fotografici e pittorici. Sul set Luca preferisce dedicarsi alla recitazione degli attori mantenendo sempre però un continuo scambio di idee con il direttore della fotografia sulla composizione delle inquadrature lasciando invece ampio spazio interpretativo per quanto riguarda la “luce” dei diversi ambienti.
Il look del film: quale narrazione ha seguito?
Abbiamo voluto proporre una fotografia con un uso del colore importante e lavorando molto sui bassi toni e sul contrasto. Utilizzando il contrasto cromatico e la minima profondità di campo per separare il soggetto dal fondo. Ho preferito illuminare i vari ambienti a 360 gradi lasciando ampio spazio di movimento agli attori in scena non vincolandoli a posizioni precise per farli sentire a loro agio e contestualmente dando massima flessibilità ai movimenti della camera.
Sulle specifiche tecniche del film cosa può riferirci?
Il film è stato girato a Milano in sei settimane. Come camera ho usato la Sony Venice 2 e la serie di lenti Cooke S7 Full frame. La scelta è caduta sulla Venice per la sua capacità di lettura nei bassi toni nelle ombre. Parco luci ridotto principalmente LED bulbi e tubi Astera e i vecchi jumbo incandescenza.
Il 13 maggio di quest’anno l’AIC festeggerà un importante traguardo: il 75° anniversario della sua fondazione. Cosa ricorda del suo ingresso in Associazione e cosa rappresenta per lei farne parte?
Sono entrato a far parte dell’AIC nei primi anni 2000 sponsorizzato dalla Technicolor, il lab che usavo ai tempi della pellicola, e della Kodak. Ho sempre creduto che fosse molto importante avere un’Associazione di categoria che tutelasse la nostra professionalità al pari delle grandi associazioni sparse nel mondo e chi meglio dell’AIC, visto la sua storia e la sua attiva partecipazione in IMAGO, può ricoprire questo ruolo?